Fujifilm X-E5. La ricetta perfetta

Non è facile scrivere una recensione su una fotocamera tanto attesa, che ha superato ogni aspettativa in termini di prenotazioni, ottenendo un successo di vendite già dal giorno della presentazione. Per Fujifilm, però, non è una novità. Anzi, dopo l’enorme successo della GFX100RF, che di certo non è economica, le fotocamere della Serie X di quinta generazione stanno riscuotendo un riscontro sempre crescente. Sono macchine fotografiche richieste, desiderate e amate, e quella caratteristica che accomuna tutti i prodotti fotografici Fujifilm dal 2010 – quel richiamo alla fotografia analogica, esclusivamente su pellicola – è molto apprezzata.
Non si tratta solo di una questione estetica (di cui parleremo più avanti), ma di un approccio altamente inclusivo che guarda a una generazione che desidera avvicinarsi alla fotografia, ma senza mettere la tecnologia al primo posto. Al contrario, preferisce un prodotto che metta la persona al centro. Recentemente, ho letto la raccolta di articoli A cosa serve la letteratura? pubblicata da Adelphi, del grande scrittore (non a caso premio Nobel per la letteratura nel 1978) Isaac Bashevis Singer. In uno degli articoli, intitolato Letteratura per bambini e adulti, c’è una riflessione che trovo particolarmente adatta al mondo di cui stiamo parlando, quello delle fotocamere, che si limita a esaltare sempre e solo la tecnologia. Singer scriveva così:

«Per il fatto di essere essi stessi creature nuove – da poco uscite dal grembo materno – non condividono la venerazione per la novità e la giovinezza; ai bambini non importa essere al passo con i tempi. Si interessano alla storia e hanno rispetto per le cose accadute molto prima di loro».

Mi viene da pensare, o almeno lo spero, che sia proprio questo il pubblico che Fujifilm ha conquistato e sta conquistando: giovani che rispettano il passato, che sono affascinati dalla fotografia di un tempo e che sono sedotti dalla semplicità del mezzo. Fujifilm ha, senza dubbio, intercettato questa esigenza, che potrebbe essere anche un sentimento o una passione, e l’ha declinata in prodotti molto simili nelle caratteristiche, ma che si differenziano quanto basta per creare un particolare entusiasmo e renderli di fatto unici.
Per “giovani”, in questo contesto, intendo tutte quelle persone che mantengono viva la curiosità, che non si limitano a discutere soltanto di sensori o sistemi di messa a fuoco. Insisto su questo aspetto perché la proposta di Fujifilm rappresenta qualcosa di davvero innovativo, quasi di rottura rispetto al resto del mercato. La sfida, oggi, non si gioca più solo sul piano tecnico, ma coinvolge direttamente le persone — e quindi il fotografare in sé. In questo continuo rincorrere pregi e difetti, si finisce spesso per trascurare la domanda più importante: perché fotografare? Perché scegliamo di acquistare una fotocamera? Perché optiamo per un sistema a ottiche intercambiabili, oppure per una fotocamera a ottica fissa? E in fondo torniamo sempre lì, al punto di partenza: che cosa ci spinge a iniziare a fotografare?

Acros Film Simulation – © Federico Emmi

Ammetto che avevo già pronto un redazionale sulla Fujifilm X-E5, previsto per l’uscita ufficiale del 12 giugno. Ma, con mia sorpresa, il giorno prima mi è stato consegnato un modello di prova. A quel punto ho messo da parte l’idea iniziale e ho deciso di prenderla con calma, di provarla con un approccio più fotografico, meno legato alla corsa alla pubblicazione. Del resto, basta leggere la scheda tecnica per rendersi conto di quanto sia difficile dire qualcosa di davvero nuovo. La X-E5 condivide gran parte delle specifiche con altri modelli recenti della Serie X: la X-H2, la X-T5, la X100VI e la X-T50. Stesso sensore retroilluminato da 40,2 megapixel “X-Trans™ CMOS 5 HR”, stesso processore ad alte prestazioni “X-Processor 5”, stesso sistema di autofocus con riconoscimento del soggetto basato su intelligenza artificiale. E ancora, lo stabilizzatore a cinque assi, capace di compensare fino a 7 stop al centro e 6 stop ai bordi del sensore, con l’obiettivo XF35mmF1.4R montato.

Eppure, nonostante la scheda tecnica sia pressoché identica, queste fotocamere sono profondamente diverse. Ognuna ha un suo carattere, un suo modo di porsi. Per questo sono convinto che la vera domanda sia un’altra: cosa voglio fotografare? Solo dopo ha senso decidere con quale fotocamera farlo. La tecnologia può essere la stessa, ma l’esperienza di scatto cambia — e anche tanto.

 Se vi dedicate alla street photography, probabilmente avete già in mente cosa cercare, ma sapete bene che il momento giusto per scattare non è mai prevedibile. Potrebbe arrivare, come no. In situazioni del genere, ha senso portarsi dietro una fotocamera pesante come la X-H2, mentre si aspetta lo scatto giusto, quando la X-E5 offre la stessa tecnologia, ma in un corpo più leggero e compatto? Al contrario, se scattate per molte ore di fila, magari in un contesto professionale o in studio, allora la scelta più sensata è proprio la X-H2: impugnatura più comoda, corpo più robusto e una migliore dissipazione del calore. Lo stesso vale per gli altri modelli della gamma: la scelta va fatta in base a che cosa si fotografa e quanto si fotografa. La vera novità è che oggi è possibile scegliere la fotocamera in base alle proprie esigenze pratiche, senza dover rinunciare alla qualità. Perché, a parità di sensore e processore, i file ottenuti sono praticamente identici. È un cambio di paradigma importante. Per anni, le fotocamere venivano proposte secondo una logica puramente gerarchica: dal modello base a quello di fascia alta, con caratteristiche e prestazioni differenti. Oggi, invece, le domande diventano più interessante: che tipo di fotografo sei? Che fotografo vuoi diventare?

Acros Film Simulation – © Federico Emmi

La X-E5 rappresenta uno dei punti più alti della Serie X, sia per tecnologia che per design. Integra tutte le caratteristiche dei modelli di quinta generazione, ma aggiunge tre elementi distintivi che la rendono davvero unica. È una fotocamera compatta in stile rangefinder e, grazie alla leva frontale, ricorda da vicino la X100VI — con la differenza, per molti un vero vantaggio, di poter cambiare obiettivo. La somiglianza tra i due modelli è evidente, anche considerando l’obiettivo che Fujifilm ha lanciato insieme alla X-E5: il nuovo XF23mm F2.8 R WR in versione pancake, proposto in kit. Due fotocamere che condividono molto, ma pensate per fotografi con esigenze e approcci diversi.

La Fujifilm X-E5 conquista fin dal primo sguardo, tanto che spesso viene scambiata per una fotocamera analogica. Più precisamente, si potrebbe dire che il suo design richiama con forza l’estetica analogica, al punto da renderla immediatamente riconoscibile come tale. Compatta ma non troppo — leggermente più grande della X-M5 per via del mirino — si distingue per la sua leggerezza. Abbinata al nuovo obiettivo XF23mm F2.8 R WR, che pesa appena 90 grammi e ha uno spessore di 23 mm (le stesse dimensioni del già apprezzato XF27mmF2.8 R WR), la X-E5 si trasforma in una compagna ideale da portare sempre con sé: al collo, senza fatica, grazie alla comoda e ben rifinita tracolla a cordino inclusa nella confezione, oppure anche in una tasca capiente. Il design è particolarmente curato: per la prima volta nella Serie X, la parte superiore del corpo macchina è realizzata da un singolo blocco di metallo. Una scelta che dona alla X-E5 non solo un aspetto solido e raffinato, ma anche una migliore ergonomia. La stessa attenzione si ritrova nei dettagli, progettati con grande cura: il mirino e il comando per la regolazione della diottria, ad esempio, sono perfettamente integrati nel corpo macchina, contribuendo a un’estetica pulita e a un’ottima funzionalità complessiva.

Acros Film Simulation – © Federico Emmi

Dal punto di vista operativo, la Fujifilm X-E5 si comporta in modo del tutto analogo agli altri modelli della serie, ma si distingue per un livello di personalizzazione superiore. La prima, grande novità — assente persino nelle recenti X-T50 e X-M5 — è l’introduzione di una nuova ghiera dedicata alla simulazione pellicola. Ripensata sia nel design che nella funzionalità, presenta una piccola finestra che consente di verificare con precisione l’impostazione selezionata.

Non solo è estremamente funzionale, ma perfettamente integrata nel corpo macchina, con un’estetica particolarmente riuscita. La seconda importante innovazione riguarda il menù: all’interno del primo gruppo “I.Q.” (Image Quality), è stata introdotta una nuova voce chiamata “Impostazione ghiera simulazione pellicola”. Da qui è possibile non solo associare una delle 20 simulazioni pellicola Fujifilm ai tre preset FS1, FS2 e FS3, ma anche memorizzare le proprie ricette personalizzate. Un’interfaccia intuitiva raccoglie e organizza tutte le impostazioni necessarie per dare forma alla propria “ricetta”, rendendo questo processo semplice e immediato. Attualmente, nessun’altra fotocamera Fujifilm — nemmeno le X-T50 e X-M5, pur dotate anch’esse di una ghiera dedicata alla simulazione pellicola — offre questa possibilità.

La terza grande novità introdotta da Fujifilm nella X-E5 riguarda l’esperienza d’uso attraverso il mirino elettronico (EVF), completamente ripensata per offrire un’interazione più immersiva e ispirata alla fotografia analogica. A differenza del passato, ciò che rende oggi piacevole l’utilizzo del mirino elettronico OLED — dalla risoluzione di circa 2,36 milioni di punti — non è tanto la definizione dell’immagine, quanto le nuove modalità di visualizzazione, una delle quali disponibile esclusivamente in modalità EVF. Si tratta della nuova modalità Classic Display, che si affianca a quella tradizionale, puramente digitale, pensata per offrire un’esperienza visiva essenziale e ordinata: le informazioni principali, come l’esposizione e lo stato della batteria, sono disposte elegantemente nella parte inferiore del fotogramma, mentre la griglia dei punti di messa a fuoco è ridotta al minimo. A destra, compare l’indicatore dell’esposizione, proprio come nelle reflex analogiche a pellicola, richiamando un’estetica familiare ai fotografi tradizionali.

Classic Display Mode

A completare l’esperienza c’è la nuova funzione Surround View, disponibile anche quando si utilizza il display posteriore, che introduce un’area semitrasparente attorno al fotogramma. Questa zona varia in base al rapporto d’aspetto selezionato e all’eventuale utilizzo della tele-conversione digitale, offrendo così un’esperienza visiva simile a quella di un mirino ottico. È una soluzione particolarmente utile per anticipare ciò che accade ai margini dell’inquadratura, ampliando il controllo compositivo. Tutte queste opzioni sono accessibili tramite il menu oppure possono essere attivate rapidamente attraverso la levetta frontale della fotocamera. Personalmente, ho assegnato a questa leva il controllo dell’ingrandimento digitale tramite teleconverter, mentre al pulsante centrale ho associato la selezione del rapporto d’aspetto, scegliendo tra cinque opzioni: 3:2, 16:9, 1:1, 4:3 e 5:4. Un dettaglio tecnico che conferisce alla X-E5 una versatilità notevole, rendendola pronta a soddisfare ogni esigenza operativa.

Molti sostengono che le pellicole digitali servono a poco, perché c’è il RAW. Poi però capita di salire su un autobus a Roma e scambiare due parole con uno sconosciuto. Lui aveva una bag con il logo Fujifilm, io la X-E5 al collo, e il mio amico Mauro la sua X-T5 in mano. Inevitabile iniziare a parlare. Dopo avergli mostrato in anteprima la nuova fotocamera, ci ha detto una cosa che mi è rimasta impressa: «Quello che mi piace di Fujifilm è il senso di comunità: tanti appassionati che finiscono per incontrarsi, anche per caso.»

Leica Monochrom Film Simulation – © Federico Emmi

Le ricette seguono esattamente questo spirito. Sono parte di un’esperienza condivisa, ma si scontrano con la pratica più tecnica della post-produzione del RAW, che può rendere superflua la simulazione delle pellicole Fujifilm. Eppure, gli appassionati di queste simulazioni non sono pochi: anzi, sono moltissimi, e la X-E5 è pensata proprio per loro. Online si trovano diversi siti – alcuni molto noti – che raccolgono le cosiddette recipes per tutti i sensori X-Trans. Il fermento che ruota attorno a questo fenomeno è davvero incredibile. Il mio caro amico Marco, grande sperimentatore di fotocamere e lenti, nonché vero appassionato di simulazioni, mi raccontava di aver letto in un forum di un noto produttore che «Fujifilm ha avuto il merito di far nascere una comunità di amanti delle ricette». È un approccio diverso, discutibile o meno, ma che cambia il modo di pensare la fotografia: ti costringe a riflettere prima dello scatto, non dopo. Io non mi schiero: non esiste un metodo universale. Ma un invito mi sento di farlo — non siate esclusivi. Non ha senso demonizzare chi apprezza questa filosofia, anche perché, con la ricetta giusta, i file JPG possono essere perfettamente utilizzabili e stampabili. Appena ho scoperto che la X-E5 permette di salvare le proprie ricette, ho voluto sperimentare: ho usato l’intelligenza artificiale, caricando una foto in bianco e nero di Daido Moriyama, per ottenere le impostazioni capaci di simularne lo stile direttamente sulla X-E5.

Daido Moriyama Film Simulation – © Federico Emmi

Allo stesso modo, ho confrontato un DNG della Leica Q2 Monochrom con una sua possibile simulazione realizzata con la Fujifilm.

A proposito di Leica, nell’ultimo giorno di prova ho deciso di confrontare la Leica Q3 43 con la Fujifilm X-E5 equipaggiata con l’obiettivo XF27mmF2.8 R WR, dunque una focale equivalente. Purtroppo, non ho avuto modo di realizzare molti scatti: entrambe le fotocamere, messe a dura prova dal caldo, erano roventi. La temperatura operativa dichiarata per entrambi i modelli è compresa tra 0° e +40°C, e con le attuali ondate di calore, senza un sistema di raffreddamento attivo, fotografare diventa praticamente impossibile — al tatto, le macchine scottavano parecchio. La X-E5, in particolare, ha segnalato il problema con un avviso lampeggiante in giallo sul display posteriore. Nei pochi scatti che sono riuscito a realizzare, non ho riscontrato differenze significative tra i file prodotti; l’effetto WOW che avevo provato anni fa con la prima Leica Q, questa volta non c’è stato.  

Gli storici della fotografia dovrebbero iniziare a registrare il cambiamento nelle esigenze di chi fotografa. Siamo stati abituati a pensare alle fotocamere come a un oggetto dalle forme e dimensioni precise, che uno faccia il reporter o si dedichi alla fotografia sportiva, oppure a quella commerciale, la macchina fotografica era quella, con quelle forme, con quelle dimensioni. Oggi, invece, la stessa tecnologia è disponibile in diverse configurazioni, ognuna pensata per specifiche esigenze, ridurre l’ingombro e il peso non è una cosa da poco. La Fujifilm X-E5 con il XF23mm F2.8 R WR pesa 536 grammi, la X100VI qualche grammo in meno, entrambe restituiscono dei file di altissima qualità e a livello operativo sono identiche.

Mi avvio alla conclusione dicendo che l’esperienza d’uso è positiva: si porta al collo senza fatica ed è subito operativa appena accesa. Pur non essendo un purista del mirino, la novità del “Classic Display” suscita la voglia di guardare all’interno, consapevoli però che alcune funzioni, come la griglia e la livella, non saranno disponibili. Come avevo già sottolineato per la X-M5, anche la X-E5 è perfetta con tutte le ottiche pancake e con quelle con apertura massima F2, senza dimenticare la compatibilità con tutte le ottiche della Serie X. Un altro punto di forza di questo modello sono le pellicole, il poter salvare le proprie ricette, che portano una vera novità nelle comunità di appassionati di simulazioni di pellicola. Non si tratta di un semplice gioco, ma di una sfida autentica per ottenere lo scatto perfetto sin da subito. Inoltre, rappresentano un modo sincero per guardare al passato con rispetto e per condividere fin da subito, con la XApp i propri scatti o di stamparli con una instax. Simulare una pellicola significa evocare quella fotografia che ha fatto la storia, ispirando e motivando milioni di persone a fotografare.

L’ultimo aspetto che vorrei trattare è il confronto con le fotocamere compatte evolute a ottica fissa. Fujifilm, dopo aver inventato e permesso ad altri brand di realizzare fotocamere simili — penso ad esempio a Ricoh, Sigma e persino Leica — ha scelto di seguire una strada diversa. Ha dimostrato, con il modello X100, che una fotocamera non è solo un dispositivo fotografico, ma un oggetto iconico da possedere, un po’ come è successo con la GFX100RF fin dal suo lancio. Allo stesso tempo, ha dato agli utenti la possibilità di scegliere la soluzione che meglio si adatta alle loro esigenze, non solo in base alla qualità fotografica, ma anche tenendo conto del prezzo. Il confronto tra la Fujifilm X-E5 e la Leica Q3 ruota principalmente attorno a questo: è davvero conveniente acquistare due fotocamere per poter usare due ottiche diverse? Personalmente, amo la focale da 28mm, continuo ad apprezzare il 35mm, ma il 40mm è una delle mie focali preferite. Tuttavia, non riesco a limitarmi a una sola focale, preferisco avere più opzioni. Sebbene una fotocamera a ottica fissa sia pratica e affascinante, doverne acquistare una seconda per avere una lente diversa mi sembra un prezzo troppo alto da pagare. La X-E5 risolve questo dilemma, perché a una X100, se lo si desidera, si può affiancare un modello di pari peso e dimensioni, ma con ottiche intercambiabili. In questo modo, si può fotografare a 28mm (con l’18mm), a 40mm (con il 27mm), a 50mm (con il 35mm) o addirittura a 75mm (con il 50mm), con il grande vantaggio che queste lenti costano meno di un terzo rispetto al prezzo di un’intera fotocamera. A proposito di obiettivi, molti appassionati chiedono a Fujifilm un nuovo 18mm (equivalente a 28mm su full frame) f/2.8 pancake WR.

Con X-E5, Fujifilm ha creato la ricetta perfetta.

Federico Emmi